Riscopri il tuo sogno

Stamattina una giovane donna parlava di quanto fosse stanca e con quanta fatica continuasse a lavorare in attesa delle ferie. La ascoltavo comprendendo il suo lamento, quando le ho chiesto se faceva tutto questo per realizzare un sogno o solo per riuscire a mantenersi.

Credo non si aspettasse questa domanda; in un primo momento ha detto per raggiungere l’indipendenza, ossia per potersi un giorno mettere in proprio. Allora le ho chiesto di darmi qualche dettaglio, tipo in quale luogo immaginava di realizzare il suo sogno. È stato come darle il la: è partito un racconto fatto di entusiasmo, di espressioni del viso, di parole svolazzanti che tratteggiavano il sogno in modo così preciso che quasi l’ho visto. Soprattutto, ho avuto l’impressione che lei stessa si fosse accesa, come risvegliata: ho immaginato che mentre raccontava quasi non sentisse più la fatica dichiarata.

Ecco, a volte perdiamo di vista il motivo per cui fatichiamo tanto, il nostro sogno da raggiungere. Siamo talmente stanchi da non ricordarci più perché lo stiamo facendo. Arranchiamo e basta.

Questo tempo può essere l’occasione per recuperare il senso della vita che abbiamo scelto di vivere e delle persone che abbiamo scelto di essere.

Che questi giorni vi siano propizi per riappropriarvi dei vostri sogni e ricominciare poi con una consapevolezza rinnovata.

Buon tempo di riposo e rigenerazione.

 

 

Le scorciatoie

Quanti consigli troviamo in rete, c’avete fatto caso? Segreti, suggerimenti, pilastri, segnali: ce n’è per tutti. In rete, si trovano una quantità di soluzioni alle difficoltà della vita di coppia. La rete è libera e tutti possono accedere, leggere e provare a risolvere il momento complicato della propria relazione.

Come mai allora in giro c’è tanta insoddisfazione e frustrazione? Quante persone conoscete che non sono contente della propria relazione di coppia?

Il fatto è che non basta sapere o capire. Non basta avere in mano la ricetta per riuscire a cucinare il vostro piatto preferito.

Talvolta i clienti vengono a studio e domandano di voler capire il perché di una situazione o di un comportamento altrui.

Ora, sono d’accordo con voi, le spiegazioni possono servire ed essere anche rassicuranti. Tuttavia una volta capito il perché, non è ancora cambiato nulla.

Sapere i perché non basta.

Quello che serve quando ciò che stiamo vivendo non funziona è sapere i come, più che non i perché. Vediamo alcuni esempi.

NO: perché lui/lei fa sempre così?

: cosa e come posso fare quando lui/lei fa così?

NO: perché lui/lei non mi capisce e non fa niente per la nostra relazione?

: come posso esprimere meglio le mie intenzioni in modo che l’altro le comprenda?

NO: perché lui/lei si aspetta da me atteggiamenti che non mi appartengono?

: come posso essere un po’ più assertivo nella relazione?

La nostra testa è piena di perché. Eppure andare a cercare i ‘perché l’altro/a si comporta in un certo modo’ è quasi inutile: in ogni caso, anche lo sapessimo, non potremmo comunque cambiare gli altri, non abbiamo questo potere. Lo so, è dura da accettare.

Noi non possiamo cambiare gli altri.

Tuttavia questo non significa che ci dobbiamo accontentare di vivere male. Al contrario, possiamo fare qualcosa, eccome! Uno dei motivi per cui le persone fanno un percorso di Counseling: decidono di scoprire come migliorare la propria vita di coppia, a partire da se stessi. E non esistono scorciatoie né formule magiche.

Sono ancora più diretta: si tratta di lavorare su se stessi, di avere il coraggio di guardarsi dentro e scoprire le tinte e le sfumature di cui siamo fatti, di accogliere e valorizzare tutto ciò. E poi si sperimenta, per vedere quello che funziona e quello che no. Niente scorciatoie, solo un gran bel lavoro da fare.

E vi assicuro che non c’è cosa più bella di incontrare persone che decidono di mettersi in gioco, che non si arrendono ai luoghi comuni sulla rassegnazione ‘perché tanto, si sa, le cose vanno così’, e sono invece intenzionate a voler stare meglio. Persone che si tirano su le maniche e decidono di sporcarsi, mettendo le mani in pasta: quella della loro vita. E quanto otterranno avrà il sapore e il colore del loro impegno e della fiducia: cambiare e stare un po’ meglio si può.

Cambiare per stare meglio si può.

Questo è quello che penso ogni volta che viene a studio una persona nuova e provo un senso di ammirazione per lei, perché so bene che non sarà facile e non sarà indolore. Tuttavia la persona è arrivata fin lì, ha preso la sua decisione e ritorna, settimana dopo settimana, per trovare il senso della propria vita, unico, come unica è la persona che la sta vivendo.

 

 

 

Rimbalzi anomali

Avete presente la palla da rugby? È una palla ovale che quando rimbalza non si sa da che parte va. Ad ogni rimbalzo aumenta il grado di casualità, producendo configurazioni improvvise, da cui, di fatto, dipende il corso degli eventi successivi.

In pochissimi secondi i giocatori devono attivare la loro capacità di aggiustare e riorganizzare le fasi di gioco successive. In altre parole, cercano di sfruttare a proprio vantaggio l’imprevedibilità, di per sé ineliminabile, nel perseguire il loro obiettivo: andare a fare meta.

Negli sport che utilizzano la palla tondainvece, i giocatori possono controllare traiettoria e impatto con la palla quasi al millimetro, cercando di ridurre al minimo la casualità: il rugby, al contrario, lo esalta!

Che c’entra la palla ovale del rugby con il prendersi cura di sé e il Counseling?

Trovo che sia una metafora bellissima di quello che  accade nella vita quando accadono rimbalzi imprevedibili, che possono mandarci profondamente in crisi. Pensiamo alle relazioni. Quando l’altro, ad un certo punto, ha un comportamento che non vi aspettavate proprio; quando un figlio sta crescendo con la sua personalità e fa scelte che sembrano incomprensibili; quando il partner o un amico mostra aspetti di sé fino ad allora sconosciuti.

Come vi sentite di fronte al rimbalzo anomalo dei comportamenti? All’inizio c’è come uno smarrimento che coglie impreparati, non si sa cosa fare: improvvisamente non lo riconoscete più l’altro e non vi sentite più riconosciuti, in quel rapporto.

Com’è possibile? Cosa si fa?

Due notizie: una bella e una brutta. La bella notizia è che abbiamo in dotazione una risorsa da poter attivare in queste circostanze. La brutta è che non ce lo ricordiamo! E viviamo come se fossimo destinati a subire inermi le scelte altrui.

Sto parlando della resilienza: l’attitudine a fronteggiare la difficoltà, attraversare il periodo  continuando ad alimentare la motivazione nel perseguire l’obiettivo. Si tratta di riprendersi dopo un evento traumatico e riorganizzare la propria esistenza, senza rinunciare alla propria sensibilità ed umanità, mantenendo la voglia di accogliere le opportunità che ci offre la vita.

Nei momenti più difficili e di estrema sofferenza, possiamo cercare e trovare strategie e soluzioni alternative, per continuare a vivere.

L’evoluzione dell’umanità stessa ha fatto sì che si sviluppasse questa risorsa, per assicurarci la sopravvivenza. Persino nella storia più recente, chi è sopravvissuto alla tragica esperienza disumana dei campi di concentramento, racconta che passando in mezzo all’orrore dei corpi stremati e per questo fucilati sul posto, non faceva che ripetere a se stesso voglio vivere. È la testimonianza di Liliana Segre che ricorda in mezzo al gelo e a condizioni fisiche e psicologiche estreme, col rischio di impazzire, l’unico pensiero era ‘mettere una gamba davanti l’altra‘, per evitare di cadere e morire.

Ecco, siamo dotati di una risorsa che ci consente di trovare il modo di andare avanti, anche nelle situazioni estreme. Certo, la resilienza non è data una volta per tutte! È piuttosto un processo dinamico, un divenire che va mantenuto in vita, altrimenti si ferma. E prevale il senso di sconfitta, di impotenza, di fine vita. Occorre dunque esercitarsi e allenarsi costantemente, grazie alle occasioni che la vita ci offre quotidianamente. La resilienza ci consente di rimbalzare, anche quando la traiettoria di una relazione cambia imprevedibilmente.

Proprio come fanno i rugbisti: si attivano per sfruttare a proprio vantaggio l’imprevedibilità della traiettoria della palla. Se ci pensate, nella vita non possiamo calcolare al millimetro gli eventi. Ecco perché i rimbalzi anomali possono diventare l’occasione per riscoprire le nostre abilità di superamento delle difficoltà. A tal proposito sono molto utili i percorsi di Counseling, perché le persone diventano consapevoli del proprio modo di funzionare e imparano ad aiutare se stesse. E a recuperare la voglia di speranza e di ottimismo, verso quello che di nuovo può arrivare dalla vita.

Abbiamo un potere enorme nei confronti della nostra vita: scegliere. Di andare avanti e vivere o di fermarci tra le lamentazioni e il vittimismo.

A voi la palla.

P.S. A proposito di resilienza, una lettura entusiasmante per me è ‘Resisto dunque sono’ di Pietro Trabucchi (2007, ed. Corbaccio).

 

Il sereno splendore della Vita

Oggi mancano molti papà a cui fare i nostri migliori auguri e questa ricorrenza fa riemergere emozioni di mancanza, nostalgia, e anche dolore. Sono sentimenti che conosciamo, che vivono con noi e che ci possono inchiodare ad un passato che è passato, mentre il presente ci ha già portati altrove, nel qui e ora.

Leggete com’è inequivocabile Jung su questo: “Benché oscuro sia lo sfondo sul quale la morte si manifesta, altrettanto oscuro quanto quello della vecchiaia e della malattia, per non dire di quello del peccato e della stoltezza, ebbene è lo stesso sfondo sul quale si staglia il sereno splendore della vita.” […] “Mentre la morte ci toglie ciò che ci è più caro, al tempo stesso ci restituisce a ciò che ci è più prezioso. Non è il mistero della morte che siamo chiamati a sciogliere: piuttosto è quello della vita. La vita è un imperativo assoluto al quale nessuno deve sottrarsi. *

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Non ci sto!

Osservo la gente che incontro, ascolto quello che dice e come lo dice, leggo quello che scrive e come lo scrive. E tutto ciò quotidianamente mi convince della necessità di prendersi cura di sé, come scelta responsabile verso di sé in primis e poi verso gli altri.

L’ennesimo evento drammatico, l’ultimo in ordine cronologico, di un uomo che spara alla moglie e alle figliolette perché non accetta la fine del matrimonio è umanamente insopportabile e intollerabile. E sicuramente ripartirà il solito ritornello: ‘ma non è possibile, sembrava tanto una brava persona, una persona normale, sarà stato in preda ad un raptus…’ Non ci sto! Ma basta con le stupidaggini!

Non mi interessa entrare nel merito del perché si  arrivi alla soluzione estrema. Mi interessa capire cosa accade quando le cose vanno diversamente dal previsto, voglio evidenziare il processo di come si evolvono le cose.

Quando le situazioni si fanno difficili, bisogna attrezzarsi per affrontarle. Almeno, così dovrebbero fare gli adulti. Questo vale quando c’è una violenza, quando viene fuori un tradimento, quando bisogna chiudere una storia, quando si perde un lavoro, o quando non si riesce più a dialogare con i propri figli. Talvolta, invece, ho l’impressione che noi adulti rimaniamo smarriti di fronte ai fatti della Vita e non sappiamo come gestirli. Quando la Vita esce dai copia-e-incolla di frasi memorabili su Facebook o su Instagram, e quando il dolore e lo smarrimento attecchiscono sulla carne, le persone sembrano perdere i riferimenti primari, e vanno in giro come pentole a pressione con la valvola tappata, pronte a scoppiare da un momento all’altro. E si scatenano ire funeste ingiusticabili.

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Conosci la tua mappa?

Avete presente quando conoscete qualcuno e all’inizio tutto fluisce armonicamente e naturalmente, ed è talmente bello che ci si capisce al volo? Capita così negli amori e anche con alcune amicizie!

Poi man mano che la conoscenza avanza ci si accorge che non c’è una simmetria perfetta (e meno male!). Che l’altro non sempre coglie qualunque mio pensiero o stato d’animo, e di conseguenza non sempre ‘azzecca’ la risposta giusta al momento giusto. Oooohh e com’è? Amara sorpresa e delusione…

Ci rendiamo conto che all’altro serve un aiutino per capirci e allora ci mettiamo a cercare le parole per esprimere quello che stiamo provando o quello di cui avremmo bisogno, e…? E ci accorgiamo che non è poi così semplice parlare di sé, vorremmo invece che l’altro capisse senza stare a dare troppe spiegazioni. Figuriamoci poi quando si tratta di coppie di lunga data! Ti pare che ancora non sappia che mi dà fastidio quando…? Ma che glielo devo ancora spiegare che vorrei fosse qui con me invece di…?

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Il Counseling per la coppia

I MASCHI SI ARRABBIANO PERCHÉ PENSANO:  non mi piace quando lei se la prende per la più piccola sciocchezza che faccio: mi sento criticato, respinto, non accettato; non mi piace quando comincia a dirmi come fare le cose, non mi sento ammirato, mi sento trattato come se fossi un bambino; non mi piace quando mia moglie dà a me la colpa della sua infelicità: non mi sento incoraggiato ad essere il suo cavaliere dalla lucente armatura.

LE FEMMINE SI ARRABBIANO PERCHÉ PENSANO: non mi piace quando lui minimizza l’importanza dei miei sentimenti o delle mie richieste: mi sento trascurata e poco importante; non mi piace quando lui dimentica di fare le cose che gli chiedo e allora reagisco con astio, mi sembra di supplicare il suo aiuto; non mi piace quando mi rimprovera perché sono turbata: fa nascere in me la sensazione che per essere amata dovrei essere perfetta, ma io non sono perfetta.

[Tratto da ‘Essere insieme’, E. Giusti-A. Pitrone, ed. Sovera, 2004]

Vi suona familiare? Una cosa maschi e femmine  hanno in comune: entrambi vivono arrabbiati e alimentano di rabbia la coppia. Non è un bel vivere, per niente!

La situazione sembra abbastanza complessa, ciascuno crede di aver ragione dal proprio punto di vista. E ciascuno, convinto della propria posizione, rinuncia a comprendere quella dell’altro: ci si allontana. Cosa fare, dove andare a mettere le mani?

Il Counseling offre un contesto diverso da quello familiare e crea le condizioni perché la coppia trovi il modo di raccontarsi, di dire le proprie difficoltà l’uno davanti all’altra, secondo le regole di una comunicazione efficace, nel rispetto reciproco.

Raccontare ad una terza persona quello che accade, le aspettative andate deluse, o quello che non funziona più nella coppia, è già un primo passo per cambiare la situazione. Raccontare ad una persona estranea significa dover scegliere le parole giuste  per descrivere la vostra situazione, spiegare il significato che ha per te, dare un senso al tuo racconto: non si può dare nulla per scontato, in quanto il Counselor non conosce la vostra coppia, né la vostra storia.

Questo è il primo passo: raccontare di sé (auto-narrazione).

Sapete, succede subito un fatto straordinario. Chi dei due ascolta si ritroverà solo in parte nella situazione così descritta e inoltre scoprirà di non conoscere una parte della storia, dirà “ah ma questo non me lo hai detto mai!” E a quel punto, darà la propria versione dei fatti. Inizia così un percorso di Counseling per la coppia.

Il racconto di sé è quella fase che inizialmente quando i due si conoscono, riempie molta parte del tempo trascorso insieme. È così piacevole raccontarsi all’altro, lasciarsi scoprire attraverso il senso della narrazione, sperimentare la vicinanza dell’altro che entra a far parte della propria storia.

Quando poi la storia d’amore è avviata come progetto di vita condiviso, la quotidianità riempie tutto il tempo della coppia. Non ci si racconta più, non c’è più tempo per dire all’altro che qualcosa non funziona come ci si aspettava, oppure non c’è tempo per ascoltare l’altro, tanto so quello che pensa, so già dove vuole andare a parare, so com’è fatto.  L’altro è conosciuto, non è più motivo di curiosità e di interesse. E così ci si ritrova, distanti nella stessa coppia, nella stessa casa, nello stesso letto.

Come va’ a finire?

Il finale, per fortuna, non è mai scontato, gli scenari possono essere tanti. Certo è che se non si fa niente, la coppia non avrà vita facile in quanto rancore e rivendicazioni saranno all’ordine del giorno. Se invece le persone decideranno di farsi carico della propria coppia, facendosi aiutare da un Counselor ad esempio, potranno scoprire risorse non ancora sperimentate e un nuovo tratto di strada da percorrere insieme, dove cercare spazi e momenti di condivisione, di parole nuove e di silenzi, di sguardi inaspettati e di gesti. Proprio come dice il poeta

Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.

Nazim Hikmet

 

 

Counseling per nutrire bene i pensieri

Il tempo stringe, siamo a dicembre, l’anno è pressoché finito. Scadenze e chiusure a lavoro, regali di natale, ferie da organizzare, cenoni e pranzi da sistemare tra parenti e affini. Il traffico aumenta, il maltempo complica le cose, i malanni di stagione, ecco mancavano solo quelli. Chiusi nei propri giacconi e guanti, aumentano i motivi per entrare in ansia o arrabbiarsi, si moltiplicano le tensioni e le discussioni.

Ok è stress, sì lo conosciamo bene. Gli studiosi usano la metafora dell’elastico per spiegarci cosa ci accade quando lo stress diventa uno stile di vita. Se tendete l’elastico per 1 o 5 minuti, poi ritorna alla sua lunghezza originaria. Se lo lasciate in tensione per giorni, l’elastico si deforma e non torna più alla lunghezza di partenza, bensì si sbrillenta e perde la sua elasticità. Non serve più a niente. Questo per dire che un livello basso di stress non ci rovina, anzi ci tiene in movimento, lo chiamano eustress (stress buono). Quello che ci fa veramente male è il distress, ossia il sovraccarico di stress per un periodo prolungato.

Ora vi domando: da quanto tempo pensate di vivere sotto stress? Anche voi un po’ sbrillentati?

Il punto è proprio questo: vivete perennemente nello stress, senza concedervi spazi che vi riportino in condizioni di vita ‘umane’. Conosco persone che si dicono (e di fatto si ritrovano) talmente impegnate, ma talmente tanto che non fanno altro che lamentarsi. Quando proponi loro di vedersi per una birra, non fanno che tirar fuori motivi per cui non è proprio possibile. E quanto si commiserano e quanto si lamentano!

Stress, autocommiserazione e lamentela. Ossia cibo velenoso con cui alimentate i vostri pensieri: di fatto, vi raccontate che succede tutto a voi e che non ce la fate più.

Più tempo passate su quel pensiero negativo, più gli date da mangiare e più il pensiero cresce. Il pensiero negativo è quello che, a sua volta, alimenta il senso di paura nei confronti della vita, la paura del fallimento, il senso di precarietà. E allora aumenta l’ansia, che vi illudete di contenere tenendo tutto sotto controllo; ma siccome questo non è possibile, più fate così e più fallite e più l’ansia ha motivo di crescere ancora. E così via.

Vi manca l’aria, eh?

Raccontare questo corto circuito ad un counselor, significa iniziare a prendere le distanze e voler cambiare. Significa prendere in considerazione un altro modo di vivere. A partire dalla scelta di quali pensieri nutrire: siete voi a fare la scelta. Il modo in cui vivete le vostre giornate dipende dai pensieri che state alimentando. In un percorso di Counseling, potrete imparare a riconoscere quando e come utilizzare la vostra attenzione (mentale, affettiva, emotiva, fisica e comportamentale) e a non credere a tutto ciò che la vostra mente vi suggerisce. La mente è uno strumento che bisogna imparare ad usare nel modo giusto. Altrimenti è lei che usa te, e tu puoi solo andargli dietro (ricordate l’articolo la mente e i suoi tarli).

Come ti sei alzato?

Suona la sveglia, si accende il cervello e insieme anche tutti i pensieri. Non hai ancora aperto gli occhi che già senti la testa affollata, ohmiodio! quant’è duro affrontare tutto quello che ti aspetta.

Stop: fermoimmagine. Cosa fai: da una parte hai la moltitudine di cose da fare e la giornata è solo una strada tutta in salita, che ti affatica solo pensarla. Dall’altra hai un giorno nuovo che ti aspetta, con quello che sai di dover fare insieme a quello che non sai ancora, magari un incontro inaspettato, o forse cose che non avevi preventivato, strade che non sapevi avresti percorso.

La prima scelta non contempla proprio la possibilità di qualcosa di nuovo. La seconda la mette in conto.

Cosa cambia scegliere l’una o l’altra?  Il modo in cui scendi dal letto. Nel primo caso, ti alzerai con una fatica addosso che non ti sembrerà nemmeno di aver riposato. Nel secondo caso, scenderai dal letto con la curiosità di conoscere il nuovo che oggi, proprio oggi, ti verrà incontro.

E con questa curiosità può darsi che oggi ti soffermerai su alcuni dettagli mentre in ufficio stai in attesa al telefono, o in fila in macchina, o in attesa della metro. Magari ti ritroverai a osservare meglio la persona scorbutica che si sta lamentando di quanto vanno male le cose in questo Paese.

Oggi che hai deciso di soffermarti su ciò che ti circonda, chissà di quante cose ti accorgerai, a cui non avevi mai fatto caso prima! Potresti ritrovarti così pieno di colori, di forme, di luci, di volumi, di vuoti, di pieni, di suoni, di silenzi, di attese, di gesti. E se qualcosa ti sta dando fastidio, soffermati lo stesso, ascolta di cosa si tratta, è un rumore in sottofondo? Prova a giocarci: è un suono grave oppure acuto? Riesci a riprodurlo con la tua voce? Provaci e potresti ritrovarti a sorridere, sai? E magari alleggerire un po’ il carico di questa giornata.

Non si tratta di ottimismo a buon prezzo e non  sono istruzioni magiche. Possono essere dei piccoli suggerimenti per allenarsi. Per cosa? Per scegliere di vivere meno stressati. Possibile e come? Allenandosi ogni giorno alla felicità.

Eh già, è proprio così! I saggi di tutte le epoche concordano: la felicità è una decisione che bisogna scegliere ogni giorno. Perciò è così impegnativa e pochi la raggiungono. Tutti la vorrebbero, ma davvero pochi hanno voglia di impegnarsi. Per me è raggiungere la vetta di una montagna: c’è il cammino da fare e il panorama meraviglioso da godere. E non ci sono funivie o scorciatoie, anzi il bello è proprio questo: fare la salita ognuno col proprio passo e il proprio ritmo, con le pause e le ripartenze.

Ma se tu non hai voglia di metterti in gioco, rimani a valle e dici a te stesso che non fa per te, ti racconti di non averla mai conosciuta la felicità, povero te.  E se qualcuno te ne parla, non ci credi, non credi che esista. E allora continui a faticare lo stesso, con la differenza che non stai salendo verso una vetta, resti sempre nello stesso punto, per tornare la sera nello stesso letto pieno di stanchezza e di amarezza. E così un giorno dopo l’altro, il tempo passa, ti accorgi di invecchiare e di esserti dimenticato anche dei tuoi sogni e dei tuoi desideri. E sai che non è colpa di qualcun altro per quella insoddisfazione e quel  rancore perché la vita non è andata come volevi: tu hai smesso di impegnarti per te stesso da molto tempo.

Ognuno di noi ha le istruzioni per raggiungere la propria felicità. Si tratta di assumersi la responsabilità di decidere di voler essere felici.

Io sono in viaggio da un po’ e quando incontro qualcun altro che ha scelto di essere felice mi si riempie il cuore di entusiasmo, perché penso che il mondo è un pochino meno brutto.

Buona felicità a ciascuno di noi.

 

LAB ‘Ci sono anch’io. Il permesso di esistere’

Vi capita di prodigarvi per tutti e di non avere più tempo o energie per voi stessi? O di avere la sensazione di venire sempre per ultimi e per voi avanzano solo le briciole?

Essere vivi e vivere non basta a darsi il permesso di esistere. E quando non ci diamo il permesso di esistere, lo andiamo a cercare in giro, ci impegniamo in mille situazioni, ci facciamo carico di ruoli e responsabilità, sperando di meritarci così il permesso di esistere. È proprio così, una questione di merito? E a chi do il potere di darmi o togliermi il permesso di esistere? 

Sabato 21 ottobre alle 10.30

ci prendiamo 2,5 ore di tempo e di spazio per trovare risposte a queste domande. Lo faremo in un laboratorio di Counseling dove, attraverso un’attività esperienziale, ciascuno potrà scoprire come riappropriarsi del potere su di sé, a partire dal potere di scegliere di esistere.

La partecipazione prevede un contributo di 15€ previa prenotazione, scrivendo a mcfalaschi.counselor@gmail.com. Una volta effettuata la prenotazione, provvederò a inviare conferma e indirizzo preciso dove si terrà l’incontro (zona Lanciani).