Riscopri il tuo sogno

Stamattina una giovane donna parlava di quanto fosse stanca e con quanta fatica continuasse a lavorare in attesa delle ferie. La ascoltavo comprendendo il suo lamento, quando le ho chiesto se faceva tutto questo per realizzare un sogno o solo per riuscire a mantenersi.

Credo non si aspettasse questa domanda; in un primo momento ha detto per raggiungere l’indipendenza, ossia per potersi un giorno mettere in proprio. Allora le ho chiesto di darmi qualche dettaglio, tipo in quale luogo immaginava di realizzare il suo sogno. È stato come darle il la: è partito un racconto fatto di entusiasmo, di espressioni del viso, di parole svolazzanti che tratteggiavano il sogno in modo così preciso che quasi l’ho visto. Soprattutto, ho avuto l’impressione che lei stessa si fosse accesa, come risvegliata: ho immaginato che mentre raccontava quasi non sentisse più la fatica dichiarata.

Ecco, a volte perdiamo di vista il motivo per cui fatichiamo tanto, il nostro sogno da raggiungere. Siamo talmente stanchi da non ricordarci più perché lo stiamo facendo. Arranchiamo e basta.

Questo tempo può essere l’occasione per recuperare il senso della vita che abbiamo scelto di vivere e delle persone che abbiamo scelto di essere.

Che questi giorni vi siano propizi per riappropriarvi dei vostri sogni e ricominciare poi con una consapevolezza rinnovata.

Buon tempo di riposo e rigenerazione.

 

 

Professione Counselor

Quant’è faticoso (e inutile) spiegare a chi non ha alcuna voglia di ascoltare! Mi riferisco a coloro i quali sistematicamente cercano argomenti per svilire la professione del Counselor e ammoniscono in nome del bene dell’utente. Parole pesanti per spaventare l’uditorio, ripetute e rimbalzate in un effetto eco, perché alla fine, come sosteneva quel gran genio di avvocato del Foro e fine uomo politico di M. T. Cicerone, “a convincere è la convinzione!”.

Allora, in questo tempo di riposo e di rigenerazione, penso invece con affetto ai miei clienti, che si sono affidati prima di tutto a loro stessi e quindi ad un percorso di Counseling; ai passi in avanti nella consapevolezza di sé; alle espressioni quasi incredule di soddisfazione per essere riusciti a fare qualcosa di nuovo e di diverso; alla sorpresa di scoprire se stessi. Alla sicurezza che in ogni passo, piccolo o grande, io ero con loro.

Questa è l’argomentazione più efficace e  brillante per me: essere testimone delle vite delle persone e dei loro cambiamenti. Essere una Counselor Professionista.

Buon tempo di riposo e rigenerazione a voi.

 

Le scorciatoie

Quanti consigli troviamo in rete, c’avete fatto caso? Segreti, suggerimenti, pilastri, segnali: ce n’è per tutti. In rete, si trovano una quantità di soluzioni alle difficoltà della vita di coppia. La rete è libera e tutti possono accedere, leggere e provare a risolvere il momento complicato della propria relazione.

Come mai allora in giro c’è tanta insoddisfazione e frustrazione? Quante persone conoscete che non sono contente della propria relazione di coppia?

Il fatto è che non basta sapere o capire. Non basta avere in mano la ricetta per riuscire a cucinare il vostro piatto preferito.

Talvolta i clienti vengono a studio e domandano di voler capire il perché di una situazione o di un comportamento altrui.

Ora, sono d’accordo con voi, le spiegazioni possono servire ed essere anche rassicuranti. Tuttavia una volta capito il perché, non è ancora cambiato nulla.

Sapere i perché non basta.

Quello che serve quando ciò che stiamo vivendo non funziona è sapere i come, più che non i perché. Vediamo alcuni esempi.

NO: perché lui/lei fa sempre così?

: cosa e come posso fare quando lui/lei fa così?

NO: perché lui/lei non mi capisce e non fa niente per la nostra relazione?

: come posso esprimere meglio le mie intenzioni in modo che l’altro le comprenda?

NO: perché lui/lei si aspetta da me atteggiamenti che non mi appartengono?

: come posso essere un po’ più assertivo nella relazione?

La nostra testa è piena di perché. Eppure andare a cercare i ‘perché l’altro/a si comporta in un certo modo’ è quasi inutile: in ogni caso, anche lo sapessimo, non potremmo comunque cambiare gli altri, non abbiamo questo potere. Lo so, è dura da accettare.

Noi non possiamo cambiare gli altri.

Tuttavia questo non significa che ci dobbiamo accontentare di vivere male. Al contrario, possiamo fare qualcosa, eccome! Uno dei motivi per cui le persone fanno un percorso di Counseling: decidono di scoprire come migliorare la propria vita di coppia, a partire da se stessi. E non esistono scorciatoie né formule magiche.

Sono ancora più diretta: si tratta di lavorare su se stessi, di avere il coraggio di guardarsi dentro e scoprire le tinte e le sfumature di cui siamo fatti, di accogliere e valorizzare tutto ciò. E poi si sperimenta, per vedere quello che funziona e quello che no. Niente scorciatoie, solo un gran bel lavoro da fare.

E vi assicuro che non c’è cosa più bella di incontrare persone che decidono di mettersi in gioco, che non si arrendono ai luoghi comuni sulla rassegnazione ‘perché tanto, si sa, le cose vanno così’, e sono invece intenzionate a voler stare meglio. Persone che si tirano su le maniche e decidono di sporcarsi, mettendo le mani in pasta: quella della loro vita. E quanto otterranno avrà il sapore e il colore del loro impegno e della fiducia: cambiare e stare un po’ meglio si può.

Cambiare per stare meglio si può.

Questo è quello che penso ogni volta che viene a studio una persona nuova e provo un senso di ammirazione per lei, perché so bene che non sarà facile e non sarà indolore. Tuttavia la persona è arrivata fin lì, ha preso la sua decisione e ritorna, settimana dopo settimana, per trovare il senso della propria vita, unico, come unica è la persona che la sta vivendo.

 

 

 

Conosci la tua mappa?

Avete presente quando conoscete qualcuno e all’inizio tutto fluisce armonicamente e naturalmente, ed è talmente bello che ci si capisce al volo? Capita così negli amori e anche con alcune amicizie!

Poi man mano che la conoscenza avanza ci si accorge che non c’è una simmetria perfetta (e meno male!). Che l’altro non sempre coglie qualunque mio pensiero o stato d’animo, e di conseguenza non sempre ‘azzecca’ la risposta giusta al momento giusto. Oooohh e com’è? Amara sorpresa e delusione…

Ci rendiamo conto che all’altro serve un aiutino per capirci e allora ci mettiamo a cercare le parole per esprimere quello che stiamo provando o quello di cui avremmo bisogno, e…? E ci accorgiamo che non è poi così semplice parlare di sé, vorremmo invece che l’altro capisse senza stare a dare troppe spiegazioni. Figuriamoci poi quando si tratta di coppie di lunga data! Ti pare che ancora non sappia che mi dà fastidio quando…? Ma che glielo devo ancora spiegare che vorrei fosse qui con me invece di…?

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La mente e i suoi tarli

Conoscete la metafora del tarlo che si insinua nella  testa, vero? Credo proprio di sì. È quel pensiero che viene da lontano, di solito un dubbio su di sé o sulle proprie capacità, che si insinua sempre più, fino a quando non ve lo ritrovate piazzato e ben radicato al centro della vostra attenzione.

Occhio: non arriva in un momento qualunque! Il tarlo arriva quando avete finalmente preso la decisione, la svolta che siete pronti a dare alla vostra vita. Quando avete scandagliato tutti i pro e i contro, eccolo lì, arriva da lontano quel sottilissimo fastidio, di cui non siete ancora coscienti, eppure c’è. E ve ne accorgete perché sembra stare lì per mettervi i bastoni fra le ruote. Si chiamano frasi killer, che entrano quasi in automatico ogni volta che vi decidete a fare qualcosa di nuovo, tipo: tanto non ce la farai mai, ma chi ti credi di essere, ma chi te lo fa fare….Accidenti, sembrano stare lì apposta, appollaiate buone buone fino a quando non si decidono a entrare in azione: quando? Esattamente nel momento in cui prendete il coraggio di apportare un cambiamento nella vita. E certo, finché vi muovete nelle vecchie abitudini non c’è gusto!

Da dove arriva questo pensiero e come fa ad insinuarsi e a crescere al punto tale da farvi dubitare, malgrado abbiate analizzato tutto? Vediamo come i primi elementi della Mindfulness ci possono aiutare a trovare qualche risposta.

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Chi sta gridando?

Una sorta di quiete dei primi giorni di settembre vede le persone ancora abbronzate rientrare nei luoghi della quotidianità. Malgrado il riposo e l’essere rigenerati, l’umore non è alto. I media parlano di ricerche fatte da scienziati per spiegare il perché ci ritroviamo così, quasi scarichi. Come se ci servisse a qualcosa, sapere il perché.

In quest’aria un po’ rarefatta, urla sgolate di bambini piccoli un po’ infastidiscono anche il mio di torpore, all’inizio penso a quale forma di violenza stiano subendo al nido qui vicino; e a cosa potrebbero fare le maestre per evitare tanto sgolarsi. O forse per evitare di infastidire la mia concentrazione intorpidita. Poi, conoscendo la qualità dei servizi del nido in questione, ho pensato che forse le maestre sanno bene com’è il loro lavoro e lo stanno facendo. I bambini pure.

I bambini piangono, urlano forte, e dicono a loro modo tutto il disappunto nel fatto che non stanno più nel loro ambiente familiare, con i genitori o coi nonni, magari al mare o in qualche altro posto ameno. Ogni tanto il pianto si placa, e poi a voci alterne qualcuno riparte.

Il pensiero allora va a quando quel bambino o bambina, che stamattina non ne vuol sapere, tra qualche anno sarà alle elementari,  poi alle superiori, e ancora più in là, intorpidito pure lui o lei, riprenderà il suo lavoro dopo la pausa estiva.

Che succede quando cresciamo? In che modo sfoghiamo tutto il nostro disappunto? Che fine fa quel bambino capace di strillare così forte?

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