Chi sta gridando?

Una sorta di quiete dei primi giorni di settembre vede le persone ancora abbronzate rientrare nei luoghi della quotidianità. Malgrado il riposo e l’essere rigenerati, l’umore non è alto. I media parlano di ricerche fatte da scienziati per spiegare il perché ci ritroviamo così, quasi scarichi. Come se ci servisse a qualcosa, sapere il perché.

In quest’aria un po’ rarefatta, urla sgolate di bambini piccoli un po’ infastidiscono anche il mio di torpore, all’inizio penso a quale forma di violenza stiano subendo al nido qui vicino; e a cosa potrebbero fare le maestre per evitare tanto sgolarsi. O forse per evitare di infastidire la mia concentrazione intorpidita. Poi, conoscendo la qualità dei servizi del nido in questione, ho pensato che forse le maestre sanno bene com’è il loro lavoro e lo stanno facendo. I bambini pure.

I bambini piangono, urlano forte, e dicono a loro modo tutto il disappunto nel fatto che non stanno più nel loro ambiente familiare, con i genitori o coi nonni, magari al mare o in qualche altro posto ameno. Ogni tanto il pianto si placa, e poi a voci alterne qualcuno riparte.

Il pensiero allora va a quando quel bambino o bambina, che stamattina non ne vuol sapere, tra qualche anno sarà alle elementari,  poi alle superiori, e ancora più in là, intorpidito pure lui o lei, riprenderà il suo lavoro dopo la pausa estiva.

Che succede quando cresciamo? In che modo sfoghiamo tutto il nostro disappunto? Che fine fa quel bambino capace di strillare così forte?

L’Analisi Transazionale di Eric Berne ci dice che quel Bambino è ancora con noi, anche da adulti. Nel senso che conserviamo e utilizziamo il modo di sentire accompagnato dal relativo modo di comportarsi che usavamo quando eravamo piccoli. Questo perché, qualunque esperienza noi viviamo, rimane registrata nel cervello e nel tessuto nervoso, impressa proprio come su una pellicola.

Come ci accorgiamo del nostro Bambino o della nostra Bambina? Ad esempio quando vi lasciate andare alla spontaneità di un’emozione, quando vi sorprendete per qualcosa, o scoppiate in una risata fragorosa, o vi mettete a piangere tutte le lacrime che avete per un dolore grande.

Al contrario, le cose si complicano quando invece bloccate l’espressione naturale di quel che state provando. Cosa succede allora a quella emozione e al Bambino che vorrebbe urlare forte forte? 

Può succedere, ad esempio, che non esprimiate un rancore per paura, paura di sentire fino in fondo, paura di essere visti, o forse di lasciarvi andare. Eppure, evitare l’espressione di un dolore, non significa evitare il dolore. Tenersi dentro la rabbia, un rancore, un’invidia o una paura, non significa eliminarli. Non solo: il corpo li vive lo stesso. L’emozione non espressa rimane bloccata nel corpo, non sparisce. Quando non ascoltate l’emozione che state provando, e quindi non la esprimete, vi illudete che quell’emozione non esista. Utilizzate l’illusione con la speranza di non stare male ed evitare di soffrire. Un po’ come il gioco che fanno i bambini: mettono le mani davanti agli occhi per far sparire tutto il resto, e dicono così non mi vedi. È la stessa illusione che usiamo anche da adulti: non presto attenzione a quel che provo, così poi non lo sento più, tanto poi passa.

In realtà non passa e, anzi, ci pensa il corpo a farvi sentire bene quello che avete tentato di rimuovere. Pensate al bruciore di stomaco che avvertite quando il capo vi risponde male. O quando, al termine della giornata, vi ritrovate coi dolori articolari alle mandibole, dovuti alle tensioni muscolari per aver tenuto i denti serrati. O alle spalle incurvate sotto il carico (non fisico, ma emotivo e psicologico) che portate e il respiro corto. Il corpo vive e registra il blocco emotivo e lo manifesta nelle tensioni muscolari e articolari, nonché attraverso le infiammazioni di tessuti e organi.

E il Bambino che fine ha fatto? Il Bambino o la Bambina ha strillato più forte che poteva, ma nessuno gli ha dato ascolto né conforto. Chi avrebbe dovuto secondo voi? Il vostro capo, lo Stato, i vostri figli, i vostri partner, i vostri genitori, i vostri ex?

Voi stessi. Voi siete i responsabili della vostra Bambina o del vostro Bambino. Quando non accogliete e non fate spazio a ciò che state provando, vi state privando della vostra linfa vitale e, in più, vi fate male nel corpo. Avete un patrimonio che vale una fortuna: ciò che siete. Le emozioni che provate sono uniche e irripetibili, hanno un valore inestimabile perché portano la vostra impronta, che è diversa dalla mia e da quella di chiunque altro. Quando le rinnegate, le avrete buttate via per sempre.

Allora posso dire sempre e comunque quello che penso e sento veramente?

Vi piacerebbe eh? Vi piacerebbe che qualcuno vi desse il permesso di fare e dire qualunque cosa…curioso che vogliate passare da niente a tutto!

Non è proprio così. Bisogna prima imparare ad accorgersi che è arrivata un’emozione, individuare di quale si tratta, farle spazio e accoglierla. Imparare ad ascoltarsi e accogliersi: questo è il primo passo.

E come tutte le cose importanti della vita, ci vuole un tempo e uno spazio dedicato, non ci sono scorciatoie. E soprattutto, non basta pensare di sapere: io lo so che sono arrabbiata col mio capo. E poi? Ascoltare la propria rabbia, entrarci in contatto, scoprire come poter accogliere un sentimento così scomodo, cosa poterci fare e come non farsi annientare: questo è tutt’altro.

I laboratori di Counseling che organizzo sono l’occasione per scoprire il vostro modo di ascoltarvi e di accogliere quanto emerge. Significa fare esperienza di sé e aumentare la consapevolezza, per conoscere il proprio modo di funzionare e scoprire le risorse che avete. Quando iniziate a prendervi cura di voi, rimanete sorpresi da quanta ricchezza possedete, proprio come se aveste aperto uno scrigno prezioso che non sapevate di avere. Solo quando avrete sperimentato l’ascolto e l’accoglienza di voi stessi, avrete dato ascolto e conforto a quella Bambina o Bambino che ora non ha più bisogno di strillare, perché si sente accolto e compreso nel suo bisogno.

Solo quando siete consapevoli dell’emozione che state provando e dell’effetto che produce dentro di voi, che potrete scegliere come esprimerla. E quindi decidere come rispondere al vostro capo, ai vostri partner, ai vostri figli, ai vostri amici.

P.S. A me piace dedicare La cura  di Franco Battiato alla mia Bambina. E voi ce l’avete una canzone da dedicare alla vostra Bambina o Bambino?

 

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