Senza tante parole

Quante volte avremo cantato questa canzone…guardare dentro un’emozione: voi c’avete mai provato? Può essere bellissimo o molto doloroso, magari intenso e allora ti possono venire le vertigini! Oppure è qualcosa di sottile come quando senti “la tristezza che cade in fondo al cuore e come la neve non fa rumore”. E allora cerchi di impegnare al massimo il tuo tempo per non sentire che dentro qualcosa muore.

Il fatto è che quando entri dentro ad un’emozione, ti accorgi che c’è qualcos’altro che detta le regole, e  non basta razionalizzare, analizzare e spiegare. Anzi, ti trovi a fare i conti con qualcosa di più fantasioso e creativo. E se non sei allenato, certo potresti anche smarrirti o spaventarti.

Come quelle coppie che non litigano mai, per paura che possa succedere qualcosa di irreparabile.

O come quelle persone che non si innamorano mai, per paura di perdersi.

O come chi rimane sui binari, per non rischiare di scegliere il proprio percorso di vita.

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Chi sta gridando?

Una sorta di quiete dei primi giorni di settembre vede le persone ancora abbronzate rientrare nei luoghi della quotidianità. Malgrado il riposo e l’essere rigenerati, l’umore non è alto. I media parlano di ricerche fatte da scienziati per spiegare il perché ci ritroviamo così, quasi scarichi. Come se ci servisse a qualcosa, sapere il perché.

In quest’aria un po’ rarefatta, urla sgolate di bambini piccoli un po’ infastidiscono anche il mio di torpore, all’inizio penso a quale forma di violenza stiano subendo al nido qui vicino; e a cosa potrebbero fare le maestre per evitare tanto sgolarsi. O forse per evitare di infastidire la mia concentrazione intorpidita. Poi, conoscendo la qualità dei servizi del nido in questione, ho pensato che forse le maestre sanno bene com’è il loro lavoro e lo stanno facendo. I bambini pure.

I bambini piangono, urlano forte, e dicono a loro modo tutto il disappunto nel fatto che non stanno più nel loro ambiente familiare, con i genitori o coi nonni, magari al mare o in qualche altro posto ameno. Ogni tanto il pianto si placa, e poi a voci alterne qualcuno riparte.

Il pensiero allora va a quando quel bambino o bambina, che stamattina non ne vuol sapere, tra qualche anno sarà alle elementari,  poi alle superiori, e ancora più in là, intorpidito pure lui o lei, riprenderà il suo lavoro dopo la pausa estiva.

Che succede quando cresciamo? In che modo sfoghiamo tutto il nostro disappunto? Che fine fa quel bambino capace di strillare così forte?

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Dal corpo alla mente

Eccovi qua, rientrati dalla pausa estiva: comunque sia andata, avrete visto luoghi e persone diversi dal solito, mangiato in modi e posti diversi da quelli di tutti i giorni. E per far memoria del benessere goduto avrete scattato foto a qualunque angolo, piatto, mare, sentiero, volto, sorriso, avrete postato e condiviso affinché anche gli altri sappiano di quanto siete stati bene!

E quando state bene, vi viene voglia di fare qualche cambiamento nella vostra vita per renderla migliore: vado a lavoro in bicicletta, quest’anno mi iscrivo in palestra, è arrivato il momento di imparare una lingua nuova, mi iscrivo al corso di sommelier e così via. Basta stare un po’ meglio per sentire che cambiare qualcosa è possibile.

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