Conosci la tua mappa?

Avete presente quando conoscete qualcuno e all’inizio tutto fluisce armonicamente e naturalmente, ed è talmente bello che ci si capisce al volo? Capita così negli amori e anche con alcune amicizie!

Poi man mano che la conoscenza avanza ci si accorge che non c’è una simmetria perfetta (e meno male!). Che l’altro non sempre coglie qualunque mio pensiero o stato d’animo, e di conseguenza non sempre ‘azzecca’ la risposta giusta al momento giusto. Oooohh e com’è? Amara sorpresa e delusione…

Ci rendiamo conto che all’altro serve un aiutino per capirci e allora ci mettiamo a cercare le parole per esprimere quello che stiamo provando o quello di cui avremmo bisogno, e…? E ci accorgiamo che non è poi così semplice parlare di sé, vorremmo invece che l’altro capisse senza stare a dare troppe spiegazioni. Figuriamoci poi quando si tratta di coppie di lunga data! Ti pare che ancora non sappia che mi dà fastidio quando…? Ma che glielo devo ancora spiegare che vorrei fosse qui con me invece di…?

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Senza tante parole

Quante volte avremo cantato questa canzone…guardare dentro un’emozione: voi c’avete mai provato? Può essere bellissimo o molto doloroso, magari intenso e allora ti possono venire le vertigini! Oppure è qualcosa di sottile come quando senti “la tristezza che cade in fondo al cuore e come la neve non fa rumore”. E allora cerchi di impegnare al massimo il tuo tempo per non sentire che dentro qualcosa muore.

Il fatto è che quando entri dentro ad un’emozione, ti accorgi che c’è qualcos’altro che detta le regole, e  non basta razionalizzare, analizzare e spiegare. Anzi, ti trovi a fare i conti con qualcosa di più fantasioso e creativo. E se non sei allenato, certo potresti anche smarrirti o spaventarti.

Come quelle coppie che non litigano mai, per paura che possa succedere qualcosa di irreparabile.

O come quelle persone che non si innamorano mai, per paura di perdersi.

O come chi rimane sui binari, per non rischiare di scegliere il proprio percorso di vita.

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Colare l’oro

Kintsugi (dal giapponese kin 金 (oro) e tsugi 継ぎ (riparare) è una tecnica artistica giapponese nata alla fine del 1400 con la quale si utilizza l’oro – o un altro metallo prezioso – per saldare insieme frammenti di un oggetto rotto. [http://www.giapponeinitalia.org/kintsugi-larte-riparare-larte/]

Ma, così è peggio, starete pensando, si vedranno ancor di più i punti di rottura!

Immaginate di invitare delle persone a cenare a casa vostra, porgereste loro delle tazze o un’insalatiera rotta e incollata? Credo proprio di no, sono sicura che prendereste il servizio buono, quello che non è sbeccato, non è rattoppato.

Lo stesso facciamo con noi stessi: non mostriamo i nostri punti più delicati, fragili, piuttosto usiamo trucco, maschere, correttore, atteggiamenti per non svelare ciò che siamo veramente. Nascondiamo gli oggetti sbeccati e rincollati, come le nostre fragilità.

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Il Counseling per la coppia

I MASCHI SI ARRABBIANO PERCHÉ PENSANO:  non mi piace quando lei se la prende per la più piccola sciocchezza che faccio: mi sento criticato, respinto, non accettato; non mi piace quando comincia a dirmi come fare le cose, non mi sento ammirato, mi sento trattato come se fossi un bambino; non mi piace quando mia moglie dà a me la colpa della sua infelicità: non mi sento incoraggiato ad essere il suo cavaliere dalla lucente armatura.

LE FEMMINE SI ARRABBIANO PERCHÉ PENSANO: non mi piace quando lui minimizza l’importanza dei miei sentimenti o delle mie richieste: mi sento trascurata e poco importante; non mi piace quando lui dimentica di fare le cose che gli chiedo e allora reagisco con astio, mi sembra di supplicare il suo aiuto; non mi piace quando mi rimprovera perché sono turbata: fa nascere in me la sensazione che per essere amata dovrei essere perfetta, ma io non sono perfetta.

[Tratto da ‘Essere insieme’, E. Giusti-A. Pitrone, ed. Sovera, 2004]

Vi suona familiare? Una cosa maschi e femmine  hanno in comune: entrambi vivono arrabbiati e alimentano di rabbia la coppia. Non è un bel vivere, per niente!

La situazione sembra abbastanza complessa, ciascuno crede di aver ragione dal proprio punto di vista. E ciascuno, convinto della propria posizione, rinuncia a comprendere quella dell’altro: ci si allontana. Cosa fare, dove andare a mettere le mani?

Il Counseling offre un contesto diverso da quello familiare e crea le condizioni perché la coppia trovi il modo di raccontarsi, di dire le proprie difficoltà l’uno davanti all’altra, secondo le regole di una comunicazione efficace, nel rispetto reciproco.

Raccontare ad una terza persona quello che accade, le aspettative andate deluse, o quello che non funziona più nella coppia, è già un primo passo per cambiare la situazione. Raccontare ad una persona estranea significa dover scegliere le parole giuste  per descrivere la vostra situazione, spiegare il significato che ha per te, dare un senso al tuo racconto: non si può dare nulla per scontato, in quanto il Counselor non conosce la vostra coppia, né la vostra storia.

Questo è il primo passo: raccontare di sé (auto-narrazione).

Sapete, succede subito un fatto straordinario. Chi dei due ascolta si ritroverà solo in parte nella situazione così descritta e inoltre scoprirà di non conoscere una parte della storia, dirà “ah ma questo non me lo hai detto mai!” E a quel punto, darà la propria versione dei fatti. Inizia così un percorso di Counseling per la coppia.

Il racconto di sé è quella fase che inizialmente quando i due si conoscono, riempie molta parte del tempo trascorso insieme. È così piacevole raccontarsi all’altro, lasciarsi scoprire attraverso il senso della narrazione, sperimentare la vicinanza dell’altro che entra a far parte della propria storia.

Quando poi la storia d’amore è avviata come progetto di vita condiviso, la quotidianità riempie tutto il tempo della coppia. Non ci si racconta più, non c’è più tempo per dire all’altro che qualcosa non funziona come ci si aspettava, oppure non c’è tempo per ascoltare l’altro, tanto so quello che pensa, so già dove vuole andare a parare, so com’è fatto.  L’altro è conosciuto, non è più motivo di curiosità e di interesse. E così ci si ritrova, distanti nella stessa coppia, nella stessa casa, nello stesso letto.

Come va’ a finire?

Il finale, per fortuna, non è mai scontato, gli scenari possono essere tanti. Certo è che se non si fa niente, la coppia non avrà vita facile in quanto rancore e rivendicazioni saranno all’ordine del giorno. Se invece le persone decideranno di farsi carico della propria coppia, facendosi aiutare da un Counselor ad esempio, potranno scoprire risorse non ancora sperimentate e un nuovo tratto di strada da percorrere insieme, dove cercare spazi e momenti di condivisione, di parole nuove e di silenzi, di sguardi inaspettati e di gesti. Proprio come dice il poeta

Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.

Nazim Hikmet

 

 

Counseling per nutrire bene i pensieri

Il tempo stringe, siamo a dicembre, l’anno è pressoché finito. Scadenze e chiusure a lavoro, regali di natale, ferie da organizzare, cenoni e pranzi da sistemare tra parenti e affini. Il traffico aumenta, il maltempo complica le cose, i malanni di stagione, ecco mancavano solo quelli. Chiusi nei propri giacconi e guanti, aumentano i motivi per entrare in ansia o arrabbiarsi, si moltiplicano le tensioni e le discussioni.

Ok è stress, sì lo conosciamo bene. Gli studiosi usano la metafora dell’elastico per spiegarci cosa ci accade quando lo stress diventa uno stile di vita. Se tendete l’elastico per 1 o 5 minuti, poi ritorna alla sua lunghezza originaria. Se lo lasciate in tensione per giorni, l’elastico si deforma e non torna più alla lunghezza di partenza, bensì si sbrillenta e perde la sua elasticità. Non serve più a niente. Questo per dire che un livello basso di stress non ci rovina, anzi ci tiene in movimento, lo chiamano eustress (stress buono). Quello che ci fa veramente male è il distress, ossia il sovraccarico di stress per un periodo prolungato.

Ora vi domando: da quanto tempo pensate di vivere sotto stress? Anche voi un po’ sbrillentati?

Il punto è proprio questo: vivete perennemente nello stress, senza concedervi spazi che vi riportino in condizioni di vita ‘umane’. Conosco persone che si dicono (e di fatto si ritrovano) talmente impegnate, ma talmente tanto che non fanno altro che lamentarsi. Quando proponi loro di vedersi per una birra, non fanno che tirar fuori motivi per cui non è proprio possibile. E quanto si commiserano e quanto si lamentano!

Stress, autocommiserazione e lamentela. Ossia cibo velenoso con cui alimentate i vostri pensieri: di fatto, vi raccontate che succede tutto a voi e che non ce la fate più.

Più tempo passate su quel pensiero negativo, più gli date da mangiare e più il pensiero cresce. Il pensiero negativo è quello che, a sua volta, alimenta il senso di paura nei confronti della vita, la paura del fallimento, il senso di precarietà. E allora aumenta l’ansia, che vi illudete di contenere tenendo tutto sotto controllo; ma siccome questo non è possibile, più fate così e più fallite e più l’ansia ha motivo di crescere ancora. E così via.

Vi manca l’aria, eh?

Raccontare questo corto circuito ad un counselor, significa iniziare a prendere le distanze e voler cambiare. Significa prendere in considerazione un altro modo di vivere. A partire dalla scelta di quali pensieri nutrire: siete voi a fare la scelta. Il modo in cui vivete le vostre giornate dipende dai pensieri che state alimentando. In un percorso di Counseling, potrete imparare a riconoscere quando e come utilizzare la vostra attenzione (mentale, affettiva, emotiva, fisica e comportamentale) e a non credere a tutto ciò che la vostra mente vi suggerisce. La mente è uno strumento che bisogna imparare ad usare nel modo giusto. Altrimenti è lei che usa te, e tu puoi solo andargli dietro (ricordate l’articolo la mente e i suoi tarli).

Come ti sei alzato?

Suona la sveglia, si accende il cervello e insieme anche tutti i pensieri. Non hai ancora aperto gli occhi che già senti la testa affollata, ohmiodio! quant’è duro affrontare tutto quello che ti aspetta.

Stop: fermoimmagine. Cosa fai: da una parte hai la moltitudine di cose da fare e la giornata è solo una strada tutta in salita, che ti affatica solo pensarla. Dall’altra hai un giorno nuovo che ti aspetta, con quello che sai di dover fare insieme a quello che non sai ancora, magari un incontro inaspettato, o forse cose che non avevi preventivato, strade che non sapevi avresti percorso.

La prima scelta non contempla proprio la possibilità di qualcosa di nuovo. La seconda la mette in conto.

Cosa cambia scegliere l’una o l’altra?  Il modo in cui scendi dal letto. Nel primo caso, ti alzerai con una fatica addosso che non ti sembrerà nemmeno di aver riposato. Nel secondo caso, scenderai dal letto con la curiosità di conoscere il nuovo che oggi, proprio oggi, ti verrà incontro.

E con questa curiosità può darsi che oggi ti soffermerai su alcuni dettagli mentre in ufficio stai in attesa al telefono, o in fila in macchina, o in attesa della metro. Magari ti ritroverai a osservare meglio la persona scorbutica che si sta lamentando di quanto vanno male le cose in questo Paese.

Oggi che hai deciso di soffermarti su ciò che ti circonda, chissà di quante cose ti accorgerai, a cui non avevi mai fatto caso prima! Potresti ritrovarti così pieno di colori, di forme, di luci, di volumi, di vuoti, di pieni, di suoni, di silenzi, di attese, di gesti. E se qualcosa ti sta dando fastidio, soffermati lo stesso, ascolta di cosa si tratta, è un rumore in sottofondo? Prova a giocarci: è un suono grave oppure acuto? Riesci a riprodurlo con la tua voce? Provaci e potresti ritrovarti a sorridere, sai? E magari alleggerire un po’ il carico di questa giornata.

Non si tratta di ottimismo a buon prezzo e non  sono istruzioni magiche. Possono essere dei piccoli suggerimenti per allenarsi. Per cosa? Per scegliere di vivere meno stressati. Possibile e come? Allenandosi ogni giorno alla felicità.

Eh già, è proprio così! I saggi di tutte le epoche concordano: la felicità è una decisione che bisogna scegliere ogni giorno. Perciò è così impegnativa e pochi la raggiungono. Tutti la vorrebbero, ma davvero pochi hanno voglia di impegnarsi. Per me è raggiungere la vetta di una montagna: c’è il cammino da fare e il panorama meraviglioso da godere. E non ci sono funivie o scorciatoie, anzi il bello è proprio questo: fare la salita ognuno col proprio passo e il proprio ritmo, con le pause e le ripartenze.

Ma se tu non hai voglia di metterti in gioco, rimani a valle e dici a te stesso che non fa per te, ti racconti di non averla mai conosciuta la felicità, povero te.  E se qualcuno te ne parla, non ci credi, non credi che esista. E allora continui a faticare lo stesso, con la differenza che non stai salendo verso una vetta, resti sempre nello stesso punto, per tornare la sera nello stesso letto pieno di stanchezza e di amarezza. E così un giorno dopo l’altro, il tempo passa, ti accorgi di invecchiare e di esserti dimenticato anche dei tuoi sogni e dei tuoi desideri. E sai che non è colpa di qualcun altro per quella insoddisfazione e quel  rancore perché la vita non è andata come volevi: tu hai smesso di impegnarti per te stesso da molto tempo.

Ognuno di noi ha le istruzioni per raggiungere la propria felicità. Si tratta di assumersi la responsabilità di decidere di voler essere felici.

Io sono in viaggio da un po’ e quando incontro qualcun altro che ha scelto di essere felice mi si riempie il cuore di entusiasmo, perché penso che il mondo è un pochino meno brutto.

Buona felicità a ciascuno di noi.

 

Oggi sono io (Alex Britti)

È da qualche giorno che mi gira dentro questa canzone, fra la testa e il cuore: parla di una cosa bellissima per me, il tenero imbarazzo di essere se stessi davanti a qualcuno di speciale.

Ti sarà capitato di incrociare quasi per sbaglio uno sguardo, un atteggiamento, un modo di ridere e ti accorgi che, per chissà quale motivo, quell’incontro è stato diverso. E ogni volta che ritorna, senti che la solita maschera che indossi sta scivolando giù e, anzi, vuoi che l’altro ti veda, veda chi sei veramente. Certo, hai anche un po’ paura, perché l’altro potrebbe innamorarsi di quel che sei davvero, oppure no. Potrebbe rimanere indifferente e il tutto rivelarsi un’altra fragile illusione.

Malgrado questo, hai voglia di correre il rischio, di farti vedere per quel che sei. E allora provi a dire cose ma non vuoi essere banale e non vuoi rovinare tutto, ed ecco che sale quel dolcissimo imbarazzo che ti fa sentire magari goffo e poco smart, come si dice oggi.

È quel tenero imbarazzo che non ti fa dire cose tanto per fare colpo, bensì ti fa aspettare per trovare il momento giusto e le parole adatte per dire che lui o lei ti piace proprio per davvero. Oh quanta emozione!

Allora sì che il cuore riconosce l’autenticità, allora sì che può avvenire l’incontro. Perché?

Perché oggi finalmente mi presento: oggi sono io.

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Il cigno nero

Quando coltivare un sogno diventa l’unico motivo per vivere e dalla sua realizzazione dipende il senso stesso della vita. Quando investi tutte le energie e il tempo esclusivamente per raggiungere uno ed un solo obiettivo.

Il tutto può diventare un’ossessione che si può ritorcere contro, a costo della vita stessa.

Nina, ballerina classica del prestigioso New York City Ballet, ottiene finalmente il ruolo tanto ambito della principessa Odette (e del suo alter ego, il cigno nero) ne Il lago dei cigni: tecnicamente è perfetta, sempre dedita a migliorare ogni minimo gesto. Eppure, in tanti anni di duro lavoro, “non ho mai visto emozioni in te” la incalza il coreografo. Le dice “balli che sei rigida come un cadavere“, durante le infinite e sfiancanti prove a cui la sottopone. Cosa manca a Nina? “Ti do un compito per casa, toccati” nella speranza che lei acceda a quella parte emotiva e vitale di sé che invece pare aver eliminato del tutto. Ma lei non riesce a lasciarsi andare, né a raggiungere l’orgasmo: tutto deve essere tenuto rigorosamente sotto controllo.

Ah! quante volte abbiamo pensato che tenendo tutto sotto controllo avremmo messo a tacere le paure e le ansie. E più abbiamo controllato e più quelle si rinforzavano. Proprio quello che succede alla povera Nina, a furia di tenere tutto sotto controllo, la mente inizia a fare brutti scherzi, sempre più realistici e cruenti, rivelando forme di autolesionismo sempre più dolorose. Fino alla fine, quando finalmente emerge anche la parte più emotiva di Nina, proprio quel cigno nero che è sempre stato presente in lei e che ora viene fuori. Proprio adesso che Nina scopre anche l’altra parte di sé, ora sì che raggiunge la perfezione inseguita da una vita: tutti impazziscono per lei, il pubblico è rapito dalla sua performance, la acclamano a gran voce in una lunga standing ovation, il coreografo è entusiasta di lei, tutti i ballerini e le ballerine si congratulano per il successo della pièce e lei…ora che ha raggiunto la perfezione, si spegne.

“L’unico ostacolo al tuo successo, sei tu stessa” la ammoniva il coreografo, convinto che in lei ci fosse quella parte sensuale da far emergere. Solo che Nina sa solo eseguire alla lettera ogni indicazione per essere sempre più brava, e interpreta questo monito del suo amato coreografo nel modo peggiore: perché tu possa raggiungere il successo, devi eliminare te stessa. Non coglie minimamente l’invito ad accedere alla parte vitale che è dentro di  sé, come apertura alla vita “La perfezione non è solo un problema di controllo, è necessario metterci il cuore. Sorprendi te stessa e sorprenderai chi ti guarda.” 

Ho provato angoscia nel guardare questo film fino in fondo. Angoscia quando pensavo a quanti sforzi facciamo per migliorare qualcosa di noi, senza renderci conto se ci stiamo facendo del bene oppure no. Angoscia quando realizzavo che a volte ci mettiamo in testa dei sogni che se non coltivati in modo sano ed equilibrato, si possono trasformare in incubi. Il sogno di vivere un amore, di volere una famiglia, di volere quella carriera o quel posto, di avere un fisico ‘perfetto’, di avere una pelle priva di segni, di avere tanti soldi.

P.S. Qui ho trovato una recensione che racconta bene la trama del film e i significati di patologie psicologiche che condizionano fortemente i comportamenti del personaggio di Nina.

Cambiare

Direste che questi alberi sono meno belli perché in questo periodo le foglie stanno cambiando colore e assistiamo a tutta la varietà di gialli, dei marroni e dei rossi autunnali?  Credo proprio di no. Pensate se le foglie si ribellassero a questo cambiamento! Non assisteremmo allo spettacolo di colori dell’autunno e a tutte quelle tonalità, che non basta dire solo le foglie stanno ingiallendo.

E noi quando facciamo del tutto per ribellarci al cambiamento che naturalmente la vita porta con sé, priviamo noi stessi di spettacoli bellissimi. Il cambiamento fa parte della vita, che lo accettiamo o no. Se lo accogliamo, impariamo a viverlo nella pienezza andando verso ciò che di nuovo incontriamo. Se lo ostacoliamo, viviamo con la testa girata indietro contando solo quello che non abbiamo più.

 

Quando finisce

Che una storia possa finire lo sappiamo, è doloroso eppure lo mettiamo in conto. Che si tratti di una storia d’amore,  di un’amicizia, di un rapporto di lavoro, o di una vita.

Eppure, quando succede, non ci occupiamo di come uscire da quella storia. Qualcuno taglia i ponti e va via, qualcun’altro non riesce a chiudere e rimane lì facendo un passo avanti e due indietro, altri restano nella situazione pur sapendo che ormai non c’è più niente da fare perché quella storia ha dato tutto quel che poteva ed è finita.

Il momento della chiusura è un passaggio delicato e prezioso. Forse non ci hanno insegnato come si fa e non conosciamo nemmeno qual è il nostro stile di chiusura di una esperienza. Ognuno di noi ha il proprio, quello che ripete ogni volta.

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